lunedì 20 ottobre 2025

Le mie macchine da scrivere - 01, Royal Litton 203

 

La mia prima macchina da scrivere. Dove tutto è cominciato. Anche se ho dei vaghi ricordi da bambino a casa di mia nonna. Ricordo una vecchia macchina da scrivere Olivetti color carta da zucchero. Quelli sono i miei primi ricordi legati ad una macchina da scrivere. Erano la fine degli anni 80 credo. 

Poi un bel giorno, quando finalmente sono andato a convivere con la ragazza che poi sarebbe diventata mia moglie e madre dei miei due bellissimi figli, ricordo che giravamo spesso per mercatini dell’usato alla ricerca di cose per arredare la nostra nuova casa. Sarà stato verso la fine del 2012 o inizio 2013, in un mercatino non molto lontano da casa scovai questa bellezza. Se non ricordo male costava 25€ e la mia futura moglie me la volle regalare. Fui contentissimo. Questa fu la mia prima macchina da scrivere e la usai per diversi anni. Il fatto che fosse giapponese mi piaceva da morire. Ho un amore morboso per il Giappone e tutto ciò che ruota intorno a questo Paese. Il mio scrittore preferito è un giapponese, Haruki Murakami. Di suo leggerei anche la lista della spesa. Frase che ho scritto diverse volte anche con questa macchina da scrivere. Ho dei ricordi bellissimi legati a questa macchina da scrivere. La trovo ancora perfetta, tutti i suoi meccanismi funzionano alla perfezione. Grazie a questa macchina ho imparato a usarla, a prendermene cura e fargli manutenzione, a tenerla sempre in buono stato e che funzioni alla perfezione. Mi ha fatto tanta compagnia in tanti momenti della mia vita. Belli e brutti. Ancora oggi, a parte qualche segno che c’era già quando l’avevo presa, va che una meraviglia. Di tanto in tanto mi piace tornare ad usarla. Amo cambiare macchine da scrivere ora che ne ho diverse, mi piace scrivere con tutte quelle che ho. 

Questa in particolare però ci sono molto affezionato. Come Paperon de Paperoni con il suo numero 1, questa per me rappresenta la mia Numero 1. La mia prima macchina da scrivere. 


sabato 6 settembre 2025

Lavorando al mio romanzo a tarda sera.

Mi piace scrivere di sera, quando tutti sono andati a dormire e gli unici rumori sono quelli di una tastiera e delle macchine che passano sulla strada. 
In questo momento di pace mi sono messo a lavorare al mio romanzo, sorseggiando un buon rum. Ho trascritto parte dei miei appunti sul portatile. Mi trovo molto bene con Google Documenti dove posso prendere molti appunti e voglio tornare a lavorare dopo la stesura della prima bozza. 
Questi sono momenti magici, quando ti lasci andare allo spirito creativo. 


 

mercoledì 3 settembre 2025

Un'altra pagina...

Un'altra pagina sul mio nuovo taccuino. C'è quel momento speciale in cui sta per finire un taccuino e se ne comincia uno nuovo. Adoro questo momento, è come preparare l'inizio di una nuova avventura, la prima pagina serve per rompere il ghiaccio, la seconda si prende confidenza, poi è un lasciarsi andare ai propri pensieri, sentirsi liberi. 

Questo nuovo taccuino è stata una bella scoperta, si tratta di un Mlife A5 Foderato, con copertina rigida, 200 Pagine e carta Spessa 100g/m². Ottima per le mie penne stilografiche. Anche se in realtà ultimamente non riesco a staccarmi dalla mia bellissima Pilot Custom 74. La mia stilografica preferita.

domenica 31 agosto 2025

Il Giardino dei Tarocchi

 


Ieri siamo stati al giardino dei tarocchi. Mio dio quanto mi è piaciuto questo piccolo parco in Toscana. Davvero un posto speciale, con le sue architetture ispirate dalle carte degli arcani dei tarocchi. Devo tornare a maneggiare i tarocchi, questa visita mi ha ispirato parecchio. Ho anche fatto un bel video per il mio canale youtube ed è venuto abbastanza bene. Un posto magico che in futuro non mi dispiacerebbe tornare a visitare. Unica pecca è che sia diventato, e non ho dubbi a riguardo, il classico posto spenna turisti. I prezzi d’ingresso erano troppo alti e quelli per lo shopping davvero fuori di testa. Mi sarebbe piaciuto prendere le carte dei tarocchi di questo giardino ma il prezzo era veramente folle. Anche aver preso solamente due cartoline e due calamite abbiamo speso decisamente troppo. Ciò non toglie nulla alla bellezza di questo posto, lascia solo un po’ di amaro in bocca. Per il resto devo dire che ci ho lasciato proprio un pezzo di cuore. Un posto speciale. Sono proprio contento di aver fatto un bel video, ieri sera mi ero messo a montarlo e con calma sono riuscito a finirlo e a caricarlo sul mio canale. Me lo sono anche rivisto con gran piacere, una parte di me era rimasta in quel giardino. Quel posto è un’esplosione di colori, forme e simbolismo. L’architetta che l’ha progettata l’artista franco-statunitense Niki de Saint Phalle, morta nel 2002, ha lasciato al mondo una bellissima eredità. Fu folgorata dalla visita a Barcellona del Parque Guell di Gaudì e successivamente dal Parco di Bomarzo. Ha deciso così di realizzare questo splendido giardino dei tarocchi. Stavo leggendo che aveva vietato le visite guidate per lasciare spazio alla libera interpretazione ai visitatori di quello che vedevano. In effetti io che un pochino conosco i Tarocchi, ho notato che alcune carte erano proprio nascoste all’interno delle strutture. Per capirle e individuarle serve un minimo di conoscenza. Mi è veramente piaciuto tanto questo posto e non posso che consigliarlo.



venerdì 29 agosto 2025

Antares Domus, 1960

Questa macchina da scrivere ha con sé una storia assurda da raccontare. Qualche giorno prima di comprarla, avevo visto sul sito del Mercatino dell’usato, grande catena di negozi dell’usato in tutta Italia, se avessero messo qualche macchina da scrivere interessante in qualche punto a Roma facilmente raggiungibile. Trovai questo modello ad un prezzo ribassato (il mercatino dell’usato, dopo mesi di invenduti, per favorire la circolarità dei prodotti, ribassa i prezzi del 50%) più che ragionevole. In un momento di tempo libero la vado a vedere di persona al negozio, ci metto un po’ a trovarla ma alla fine mi cade l’occhio sulla macchina da scrivere che cercavo. Mi metto un po’ a smanettarci e mi accorgo che è totalmente bloccata, non si riuscivano a premere nemmeno i tasti. Anche lo sblocco del carrello era inutile. Non si smuoveva. A malincuore decido di lasciarla lì, non valeva la pena prenderla in queste condizioni anche ad un buon prezzo. 

Poi giusto per curiosità e visto che mi trovavo nei paraggi, sono andato ad un altro negozio dell’usato che non fa parte della catena dei Mercatini dell’usato, ma fa parte di una catena più piccola che si chiama Mercatopoli. Tra l’altro, piccola parentesi, fu proprio in quel negozio dove presi la mia prima macchina da scrivere tanti anni fa, la mia bellissima Royal Litton 203. 

Appena entro nel negozio, sotto il bancone dell’entrata mi cade l’occhio su una cartella che era la stessa che conteneva la macchina da scrivere che avevo visto all’altro negozio. La vado ad aprire e con mio grande stupore vedo che dentro c’è la stessa macchina da scrivere che cercavo, dello stesso colore, identica. Stentavo a crederci. Poi ho chiesto il prezzo e intanto mi ero messo a controllare se questa invece funzionasse. Funzionava benissimo. Poi il tizio del negozio mi dice il prezzo, troppo alto, decisamente troppo alto. Poi non so per quale motivo, forse mi ha visto parecchio interessato, o qualche allineamento dei pianeti, o qualche mano divina che mi doveva fare prendere per forza questa macchina da scrivere perché ne ero predestinato, ma il tizio mi dice che se la volevo me l’avrebbe messa a metà prezzo, meno di quella rotta all’altro negozio. Come potevo lasciarla lì? Così l’ho adottata senza starci troppo a pensare e me la sono portata a casa. Aveva giusto bisogno di una pulita, una lubrificata e del cambio dei nastri d’inchiostro. Sono stato davvero felice e stupito da questo strano concatenamento di eventi e di queste coincidenze della vita che proprio non riesco a spiegare. Ogni macchina da scrivere che ho preso ha la sua storia, ma questa ha davvero avuto una storia davvero assurda. 


martedì 12 agosto 2025

Campeggio e macchina da scrivere


 Ormai sono passati diversi giorni da quando sono stato in campeggio. Quest'anno dopo una favolosa crociera in giro tra Grecia e Turchia, ci siamo concessi anche una breve settimana in campeggio in Toscana. Marina di Bibbona per la precisione. Posto in cui ci siamo trovati davvero bene. Abbiamo optato per una soluzione chiamata glamping. Ovvero una struttura a tenda organizzata davvero bene, su due piani, con tanto di cucina, due camere e un bagno. Esperienza favolosa che mi sento di consigliare caldamente. Quest'anno ho portato con me anche una macchina da scrivere. Sentivo il bisogno di scrivere all'aria aperta con la mia fedele compagna di viaggio. La macchina da scrivere più portatile che ho, l'Antares Compact degli anni 60. L'anno scorso l'avevo portata con me anche a casa in montagna. Questa macchina da scrivere, tra quelle in mio possesso è tra quelle che più preferisco usare. Il feeling di scrittura è veramente pazzesco, scriverci è proprio divertente e stimolante. L'esperienza di scrivere all'aperto, anche circondato da altre persone, è stato molto piacevole. Notavo sguardi curiosi che mi rivolgevano le persone che passavano. Erano molto incuriositi anche la famiglia tedesca che stava nella tenda davanti a noi. Persone davvero gradevoli e simpatiche. Conservo un bel ricordo di loro.

Come esperienza la ripeterei senza pensarci due volte. Quando mi è possibile, cerco di partire sempre con una macchina da scrivere e coltivare la mia passione per la scrittura ogni volta che ne ho modo.

sabato 26 luglio 2025

Andrea Camilleri - Il cane di terracotta


Seconda indagine del commissario Montalbano uscita dalla magistrale penna di Camilleri. Stupendo anche questo secondo romanzo sul commissario Montalbano. Ho finito di leggere questo romanzo in riva al mare. Mi è piaciuto tantissimo. In questo libro, più che nel primo, Camilleri affina la sua scrittura con un linguaggio siciliano, spesso inventato, molto più marcato. La sua bravura è nel far capire comunque il significato delle parole anche se non si conoscono, su questo Camilleri è un vero maestro.

In questo romanzo il commissario Montalbano, dopo il ritrovamento di due cadaveri dentro una grotta, indaga sul loro omicidio avvenuto almeno cinquant'anni prima, durante la seconda guerra mondiale. Ci si appassiona alla storia già dalle prime pagine, è difficile staccarsi dalla lettura. Camilleri riesce proprio a tenerti incollato alle sue pagine e a portarti per mano fino al bandolo della matassa, riuscendo a emozionarti fino al suo bel finale.
Mi regala sempre una certa dose di soddisfazione finire un romanzo di Montalbano, non faccio in tempo a finirlo che ecco mi prende la voglia irrefrenabile di cominciarne subito un altro. Fuori con me avevo portato anche Il ladro di merendine e appena conclusa la lettura, ne ho iniziata subito un'altra.

Non posso che consigliare anche questo bellissimo romanzo sul commissario Montalbano, Il cane di terracotta!

lunedì 14 luglio 2025

Andrea Camilleri - La forma dell'acqua


Inizio a scrivere questa recensione seduto sotto l'ombra di un albero. Da un periodo mi sono appassionato di nuovo al personaggio del commissario Montalbano, nato dalla magnifica penna del maestro Andrea Camilleri. Ho diversi libri di Camilleri nella mia libreria, ne ho letti parecchi, ma dall'ultimo Montalbano che avevo letto è passato decisamente molto tempo e la mia memoria inizia a fare un po' di scherzi. Ho quindi deciso di riprendere in mano quest'opera e ricominciare la lettura dal primo romanzo, ovvero La forma dell'acqua. 
L'ho divorato in pochi giorni, lo ricordavo davvero poco ma man mano che andavo avanti con la lettura, qualche ricordo mi affiorava dalla mente. 

Cosa dire sul primo romanzo sul Commissario Montalbano? Partiamo dal personaggio. Già dalla sua prima apparizione nel 1994 iniziamo a conoscerlo, a renderci conto che ci troviamo davanti una persona con uno spiccato senso di giustizia e di morale. Impossibile non provare fin da subito una certa empatia con questo personaggio. 
Senza entrare nei meriti della storia in se, le parti che più mi piacciono di quando leggo i libri di Camilleri, sono quelle parti che fanno un po' da contorno alla storia. Quando il commissario si ritrova a mangiare al ristorante da Calogero dove Camilleri riesce letteralmente a far venire una fame da lupi mentre descrive le favolose pietanze della cucina siciliana. Quei momenti di pausa dalla storia l'arricchiscono davvero tanto e non mancano di certo in tutti i romanzi. Anzi ne sono parte integrante creando un contesto vivido e palpabile. 

Motore trainante delle storie di Montalbano sono i personaggi, che prendono vita dalla penna di Camilleri, impossibile non affezionarsi subito a tutta la squadra di polizia che aiuta il commissario nelle sue indagini. Ognuno dipinto magnificamente da un tratto inconfondibile. 

Nei libri di Camilleri non manca l'ironia, la critica sociale, la satira e la drammaticità dei problemi di questo paese. Si ride ma soprattutto si riflette anche nel constatare che certi problemi in cui versa il paese, non sono altro che figli degli stessi problemi che attanagliavano l'Italia in quegli anni. Le dinamiche sono sempre le stesse, corruzione e mala politica. 

Bellissima poi la metafora sulla forma dell'acqua. Che forma può avere l'acqua? Ovviamente quella di ciò che la contiene, vien da se che il male può prendere qualsiasi forma. 

Camilleri, con questo primo romanzo sul Commissario Montalbano, da inizio ad una lunga serie di libri dei quali non potrei mai fare a meno di leggere e rileggere. Una lettura che può appassionare chiunque, sia gli appassionati di gialli che chi cerca qualcosa in più in un libro. Se non avete mai letto i romanzi sul Commissario Montalbano, fatevi un favore, correte a comprarvi il primo libro!


sabato 21 giugno 2025

Olympiette de luxe

 Ieri, per caso, sono capitato ad un mercatino dell'usato. Giusto un salto visto i tempi risicati di questi tempi moderni sempre frenetici. Per curiosità sono andato a vedere qualche macchina da scrivere e mi cade l'occhio su questa bellezza. Mi metto a smanettarci un po' per capire se tutti i meccanismi funzionavano e con mia grande gioia mi rendo conto che la macchina da scrivere è in perfetto stato, tutto perfettamente funzionante. Il prezzo poi mi faceva uscire di testa, solo 11,90€ per una macchina da scrivere che sembrava appena uscita dalla fabbrica. L'ho messa nella sua valigetta originale e mi sono diretto alle casse. A quel prezzo proprio non me la sentivo di lasciarla sullo scaffale. 

Tornato a casa mi sono messo a scriverci, il feeling di scrittura non è niente male, piacevole e molto reattivo. Il nastro d'inchiostro, per quanto secco, ancora scrive ed è stato fantastico scriverci qualche pensiero già da subito. Ne ho ordinati comunque di nuovi. Non sono però riuscito a reperire tante informazioni su internet su questo modello, so solo che è stato fabbricato in Italia negli anni 70.  Comunque sono davvero molto contento del colpo di fortuna che ho avuto e una nuova macchina da scrivere è entrata a far parte della mia collezione. Sono certo che mi farà molta compagnia e trasformerà tanti pensieri in parole di carta...

martedì 15 aprile 2025

Lo scheletro in cantina

Tutti hanno uno scheletro nell’armadio, il mio è in cantina, fuma il sigaro, veste impeccabile e mi aiuta a  tornare a scrivere.


Erano mesi che non riuscivo a scrivere. Restavo sempre bloccato sulla pagina bianca. La fissavo anche per ore ma non riuscivo a scrivere nemmeno una parola. Ero in crisi. Sono sempre stato una persona che non credeva nel blocco dello scrittore, avevo sempre la convinzione che bastava avere una certa disciplina, serviva solo sedersi e scrivere. Invece niente, non riuscivo più a trasformare i pensieri in parole e la pagina rimaneva come una tela immacolata. Non dormivo più, non mangiavo più. Iniziavo ad essere ossessionato dal mio blocco. Non c’era niente che funzionasse, niente passeggiate che riuscivano a schiarirmi le idee, niente letture che stimolavano la mia fantasia, non riuscivo nemmeno a capire quale fosse il problema di tutto questo, quale sia stata la causa scatenante di questo mio blocco. Il mio umore era pessimo.


Ero seduto alla scrivania del mio studio, nella soffitta di casa. Guardavo di fuori in giardino, la pioggia autunnale cadeva sulle foglie e sulla casa che mi ero riuscito a permettere grazie ai miei primi e unici tre romanzi.


Abitavo a New York prima, nella frenetica grande mela facevo dei lavoretti precari per andare avanti nella speranza di sbarcare il lunario. Poi decisi di scappare da quella frenesia e visto che finalmente potevo permettermelo, sono venuto a vivere qui in New Jersey. Il primo romanzo, che mi valse il premio per scrittori esordienti, mi lanciò nel mondo dei scrittori. Non potevo crederci, stava succedendo tutto così in fretta che non ci avevo capito più niente. Le vendite del mio libro schizzarono alle stelle, la critica mi elogiava, “finalmente una nuova voce si è fatta sentire in questo piattume moderno”. Si aspettavano grandi cose da me. Con i guadagni del libro riuscii a permettermi di cambiare vita, sposare la donna che amavo e iniziare a costruire il mio futuro.


Karen rimase incinta dei due gemelli poco dopo il nostro matrimonio. Conobbi Karen in una caffetteria a New York, al Village, il Josie Wood's Pub NYC. Io andavo all'università e facevo dei lavori saltuari. Anche lei per mantenersi gli studi universitari e diventare insegnante, lavorava lì come cameriera e molto spesso mi vedeva chiuso nel mio mondo intento a scrivere su dei vecchi taccuini con una stilografica, mentre tutti tendevano a lavorare sui loro portatili. Mi piaceva scrivere nei bar in mezzo alla gente, in qualche modo riuscivo a isolarmi dal resto del mondo per entrare nel mio. Fu lei a fare il primo approccio e incuriosita mi chiese cosa stessi scrivendo. In quel periodo stavo gettando le basi per il mio primo romanzo. Ero al culmine della mia fase creativa e l’incontro con Karen amplificò questa vena creativa. Ci andavo spesso in quella caffetteria nel tempo libero e iniziammo a frequentarci anche al di fuori di quel posto di lavoro. Non passò molto tempo che ci innamorammo perdutamente l'uno dell’altra. Dopo un anno decidemmo di andare a convivere. Fu un periodo stupendo, spensierato, creativo. Ci prendemmo un piccolo appartamento al Village. Passavamo il tempo libero ad ascoltare vinili sul mio giradischi e facevamo l’amore con la musica di Springsteen di sottofondo. Ero ispiratissimo in quei giorni lontani. Riuscii a finire il mio romanzo dopo innumerevoli revisioni e provai a partecipare ad un concorso per scrittori esordienti. Lo vinsi e la mia vita cambiò. 


Finalmente potevo permettermi uno stile di vita meno precario. Sia io che Karen, per quanto amassimo la nostra vita al Village, sognavamo un futuro in un posto più tranquillo, una casa più grande con uno studio dove potessi scrivere in tutta tranquillità e senza essere più travolti dalla frenesia della grande città. Anche Karen dopo la laurea, avrebbe voluto insegnare in una scuola media in un contesto più tranquillo. In New Jersey c’erano diversi concorsi per diventare insegnanti e così decidemmo di venire a vivere qui, all’angolo tra la 77 e 78th St North Bergen, New Jersey. A due passi dal bellissimo James J. Braddock North Hudson County Park, grande fonte di ispirazione per me. Amavo sedermi sulla panchina davanti al lago e scrivere sul mio taccuino idee e appunti per le mie storie. In questa nuova vita, mi buttai a capofitto a scrivere il mio secondo romanzo. Ero un vulcano di idee e scrivevo tutti i giorni in preda a quell’euforia creativa che ormai è un ricordo sbiadito. 


Pubblicai il secondo romanzo un paio di anni dopo l’uscita del mio primo libro. La critica lo elogiò molto specificando però che il romanzo di esordio aveva un qualcosa in più, una scintilla che lo faceva brillare nel panorama editoriale di quegli anni. Però rimaneva molto positiva e si aspettava grandi miglioramenti per il terzo libro. Le vendite superarono quelle del primo libro, mi ero fatto un nome, ero diventato popolare e rimanevo in vetta alle classifiche per parecchie settimane di seguito. I soldi erano sempre di più e non erano più un problema. Gli anni precari erano un lontano ricordo. La mia vita era cambiata anche con l’arrivo dei due gemelli, Leonard e Sophia. Tutti questi veloci cambiamenti avevano cominciato a farmi venire grandi dubbi. Mi chiedevo come fosse possibile che uno come me abbia raggiunto queste vette di successo grazie alla scrittura. Era stato da sempre il mio più grande sogno, quello di vivere di scrittura. Stentavo a crederci e non potevo certo fermarmi. Ci si aspettava molto da me. Iniziai a scrivere anche il mio terzo romanzo. Ci misi più del previsto, quella vena creativa che mi aveva dissetato per i miei primi due libri cominciava a esaurirsi. Cominciavo a sentirmi un impostore. Una persona che non meritava tutto questo successo. Un tizio qualunque che ha avuto una fortuna sfacciata in un paio di occasioni e nulla più. Una meteora destinata a spegnersi molto presto. 

Poi uscì il mio terzo romanzo. Fu un bagno di sangue, la critica mi stroncò. La fine di grandi aspettative. Le vendite non andarono bene quanto i primi due romanzi. Vendevo ma non ero riuscito neanche a entrare nella classifica dei primi venti libri. La mia delusione fu totale. Si rafforzò in me l’idea che tutto questo successo improvviso fosse stato solo un colpo di fortuna e non dovuto a un qualche mio talento particolare. Non ero una persona speciale, ero solo uno scrittore qualunque che per un periodo ha avuto la fortuna di azzeccare un paio di libri. Tra qualche tempo nessuno si sarebbe più ricordato di me. La fine di un sogno durato poco tempo. Avevo perso fiducia in me stesso e nelle mie doti di scrittore. Sulla scrivania lampeggiava il cursore del mio software di scrittura su una pagina bianca. Non scrivevo da mesi. 


Leggere le recensioni del mio terzo romanzo mi faceva stare ancora peggio. Più ne leggevo e più mi sentivo scoraggiato a scrivere. Come un tossico alla ricerca di una dose, non riuscivo a staccarmi dalla lettura di queste recensioni negative. 


Poi successe qualcosa che cambiò per sempre la mia vita.


La prima volta che mi accorsi dello scheletro in cantina fu una notte di molto tempo fa. Fui svegliato da uno strano rumore, come lo strusciare un qualcosa di metallico su una superficie ruvida. Lo potevo sentire chiaramente, era leggero e lontano, eppure continuavo a ronzarmi nelle orecchie. Mi alzati dal letto e andai ad indagare. Karen stava dormendo. Scesi al piano di sotto attento a non far rumore e svegliare i bambini. Sceso al piano terra continuavo a sentire quel rumore. Proveniva dalla cantina. Sotto il piano terra c’è un grande scantinato, dove nel tempo, abbiamo riposto tutte le nostre vecchie cose.

Mi avvicinai alla porta, il rumore, seppur leggero, lo potevo sentire sempre più distintamente. Aprii la porta e il rumore era sempre più penetrante nella mia testa. Cominciai a scendere le scale, le sentivo scricchiolare sotto i miei passi, l’orologio che avevo al polso mi diceva che era circa l’una e mezza di notte. Sceso in cantina svoltai l’angolo delle scale. L’odore di chiuso mi entrò nel naso. Poi lo vidi, seduto ad un vecchio tavolo di legno c'era la figura di un uomo. Sul tavolo la vecchia lampada verde oro. La stessa vecchia lampada che per anni aveva illuminato i miei pensieri sulla carta. La figura l’accese e uno scheletro vestito in smoking mi si parò davanti. Gli occhi erano delle orbite vuote e nere. Sembrava avere un ghigno. Sul tavolo c’era un mio vecchio accendino, si accese il sigaro che aveva tra i denti e cominciò a fumare mentre le sue orbite vuote e nere continuavano a fissarmi. Mentre fumava poi distolse all’improvviso lo sguardo e si mise a scrivere con una bellissima stilografica su un taccuino rosso. Dopo qualche minuto mi volse di nuovo lo sguardo e le due orbite vuote che sembravano dei buchi neri iniziarono di nuovo a fissarmi. Fece cenno di avvicinarmi.


-Chi sei?- chiesi terrorizzato.

-Io sono una metafora.-

-Una metafora?-

-Si una metafora, una TUA metafora, una metafora del TUO spirito creativo….come vedi sta morendo. Che altra forma avrei potuto avere?-

-Non capisco…-

-È semplice, la tua creatività sta morendo. Io ne ho preso la forma.-

-Spero che ti renda conto che non è molto semplice da capire.-

-Sì, è vero, ma col tempo capirai….-

Non sapevo cosa pensare, inizialmente ero terrorizzato, ma poi a poco a poco mi tranquillizzai. Non percepivo nessuna minaccia da parte di quell’essere. Che diavolo ci faceva uno scheletro ben vestito, che fuma un sigaro e che scrive con una stilografica su un taccuino rosso nel mio scantinato? Di mio sono un tipo che riflette molto su tutto, sulle parole e su quello che dovrei dire. Soprattutto quando devo prendere una decisione. Quello che avevo appena ascoltato necessitava di una riflessione profonda. Uno scheletro apparso dal nulla si trova nella mia cantina, fuma un sigaro e scrive con un’elegante penna stilografica su un taccuino rosso. Mi ha appena detto di essere una MIA metafora. La metafora della mia morte creativa.


-Pensaci bene, non ho fretta. Mi potrai trovare sempre qui tutte le notti. A quest’ora mi piace scrivere.- 

A quel punto decisi di tornare al letto. Dovevo riflettere. Mi addormentai subito. 


La giornata la trascorsi in un uno stato confusionale. Ero molto taciturno. Anche mia moglie mi chiese cosa avevo che non andava, ma non sapevo proprio cosa risponderle. Mi chiedevo se quello che avevo visto la notte scorsa non fosse stato altro che uno strano sogno.

-Non ho niente Karen, ho solo dormito poco stanotte…-


Non riuscivo a scrivere ormai da mesi. Questo pensiero mi ossessionava tutti i giorni e magari questa ossessione era sfociata in questo sogno assurdo. Magari qualcosa stava cambiando dentro di me. Avevo bisogno di schiarirmi le idee e decisi di fare una passeggiata al James J. Braddock North Hudson County Park. Due passi intorno al laghetto pensavo che mi avrebbero schiarito un po’ le idee. Una metafora dalle sembianze di uno scheletro. Sembrava quasi lo spunto per una storia. Una buona storia.

Avevo portato con me un taccuino e una stilografica come ai vecchi tempi. Mi sarei fermato in qualche posto tranquillo e avrei provato a scrivere. Ma già sapevo che non sarebbe successo, un tempo scrivevo ovunque, appena mi veniva un’idea in mente, ovunque fossi tiravo fuori taccuino e stilografica e scrivevo. Mi sembra ormai passato un secolo da quel periodo.

Mentre mi trovavo seduto sulla solita panchina a guardare il lago ecco che quel senso di vuoto mi aveva di nuovo pervaso. Avere tra le mani la stilografica e il taccuino non serviva a niente. La mia mente si rifiutava di mettere sulla pagina qualche parola. Nella testa solamente il vuoto totale. 


Forse l’unico a potermi aiutare a superare questo momento poteva essere proprio lo scheletro. Avrei chiesto a lui come superare questo mio blocco dello scrittore. Come ritrovare il mio spirito creativo. Quella notte stessa sarei tornato in cantina e avrei affrontato la mia morte creativa. Sempre se quello che avevo vissuto la notte prima non fosse stato altro che il frutto della mia immaginazione. Probabilmente stavo delirando, lo stress di questa situazione e il mio malessere mi stava portando a immaginarmi uno scheletro nello scantinato.  


Come immaginavo, anche quella notte non riuscivo a prendere sonno. Continuavo a rigirarmi nel letto fino a quando, appena percettibilmente, sentii nuovamente quel rumore familiare della notte precedente. Allora non era stato solo un sogno. C’era davvero uno scheletro nella mia cantina. Facendo attenzione a non svegliare Karen scesi al piano di sotto e poi mi diressi verso lo scantinato. La luce della mia vecchia lampada verde e oro era già accesa questa volta. Lo scheletro, vestito sempre in smoking, era intento a scrivere sul taccuino rosso e a fumare un grande sigaro. Era quasi l’una di notte.

Senza troppi preamboli gli chiesi: 

-Spiegami come posso riavere quello che ho perso, come posso ritrovare il mio spirito creativo?

-Semplice. Devi uccidermi?

Quelle parole mi lasciarono di sasso. Ci fu qualche momento di silenzio che mi sembrò un’eternità. Non sapevo né cosa dire né cosa pensare. Ero molto perplesso dalla risposta, come si uccide uno scheletro. Lo devo fare a pezzi, lo butto giù da un grattacielo, ci passo sopra con la macchina. Di certo non lo posso avvelenare. Come si uccide uno scheletro? Ma soprattutto, come si uccide una metafora?

Dopo un tempo indefinito dissi:

-Come faccio ad ucciderti?-

-Questo lo devi capire da solo…ma di certo non puoi uccidere una metafora con dei metodi tradizionali. Non trovi? Non funzionerebbero, e poi IO, non posso lasciare questo posto.- 

Riflettei su quello che mi aveva appena detto, anzi dovevo riflettere con molta calma su cosa fare. Io sono fatto così, anche sulle cose semplici mi ci arrovello il cervello. Un tempo mi sarei messo seduto a scrivere sul mio diario. Scrivere su un taccuino i miei pensieri, i miei problemi, mi aiutava a focalizzarli. Magari non riuscivo sempre a trovare una soluzione, ma di sicuro la scrittura riusciva a mettermi in una condizione tale che affrontavo i problemi nel modo giusto. Magari era arrivato il momento di tornare a scrivere sul mio diario. Da quando mi sento in questo stato, non sono più riuscito a scrivere nemmeno una parola sul mio diario. Questa poteva essere l’occasione giusta per ricominciare. Sentivo che avevo bisogno di mettermi seduto a riflettere e a scrivere quello che mi stava succedendo. Quale occasione migliore che la manifestazione di una metafora dalle sembianze di uno scheletro nel mio scantinato per ricominciare a scrivere?

-Vedo che ci stai riflettendo…- disse lo scheletro -...direi che sei sulla strada giusta amico mio.-

Incredibile pensai, sono amico di una metafora/scheletro. Se non è una buona storia questa da scrivere non so proprio cosa lo possa essere…


All’improvviso lo scheletro mi disse:

-Ti sei forse scordato che con una stilografica in mano puoi essere qualsiasi cosa?-

Riflettei molto su queste parole. Era vero. Ho sempre considerato la scrittura la più alta forma di libertà che possa esistere in questo mondo. Invece adesso che la scrittura mi ha abbandonato, mi sento in una prigione.

-Ma come faccio a tornare a scrivere, così su due piedi?- chiesi.

-Dovresti saperlo amico mio, le storie, che siano saggi, pagine di diario, racconti o romanzi, si scrivono una frase per volta. Una parola dopo l’altra.-


Volevo fare un nuovo tentativo per scrivere. Per aspettare la notte e incontrare di nuovo lo scheletro nella mia cantina, decisi di fare un qualcosa che non facevo da molto tempo. In qualche modo volevo tornare alle mie origini. Presi la metro per andare a New York, volevo tornare alla caffetteria al Village dove ho conosciuto Karen e provare a scrivere qualcosa come facevo un tempo per passare la giornata. Mi sarei ordinato un toast e un caffè lungo e avrei provato a scrivere qualcosa sul mio vecchio e inseparabile taccuino. Volevo provare a scrivere qualche pagina di diario. Ma niente, le parole dalla penna stilografica, proprio non volevano uscire. Mangiai il mio toast e bevvi il mio caffè, ma di scrivere proprio non c’era verso. Dopo ore di tentativi, decisi di tornare a casa. Deluso mi trascinai verso la fermata della metro. Cosa c’era di sbagliato in me? Come potevo tornare a scrivere e superare questa crisi creativa? Come potevo uccidere una metafora? L’idea di ucciderla mi faceva stare male. In qualche modo mi ci ero affezionato, la sentivo come una parte di me. Mentre rientravo a casa vidi il mio riflesso su una vetrina, avevo perso peso, ero scheletrico.


Finalmente era notte. Potevo incontrare la mia metafora.

-Quando hai iniziato a scrivere, all’inizio, per chi lo facevi?-

Riflettei un attimo prima di rispondere.

-Mi piaceva scrivere, mi faceva stare bene, non scrivevo per nessuno in particolare, molto probabilmente scrivevo solo per me stesso.-

-Poi cosa pensi che sia cambiato?- chiese lo scheletro sbuffando qualche nuvola di fumo. Il sigaro in bocca era una costante per lui.

-Credo che quando ho iniziato a scrivere il secondo romanzo lo abbia fatto più per vana gloria, certo ero stimolato, ma probabilmente non stavo più scrivendo solo per me stesso, ma mi rivolgevo a tutte quelle persone che avevano comprato il mio primo libro. Credo che ho iniziato a scrivere per loro.-

-Allora ti rendi conto che qualcosa sia cambiato. Hai messo da parte il motivo per cui sei voluto  diventare uno scrittore.-

-Credo che hai ragione, ho cominciato a correre dietro al successo. Non mi era andata tanto male col secondo libro, tutto sommato le vendite erano anche andate meglio del primo romanzo e inoltre per scrivere questo mio secondo libro, avevo ancora vecchie idee e molti appunti, scritti quando ero ancora in una fase molto creativa. Al terzo romanzo però, mi sentivo svuotato. Scrivevo meccanicamente, mi rendevo conto che mancava qualcosa alla mia scrittura. Quella passione che avevo all’inizio. La scintilla creativa. Quella marcia in più che avevo quando ho cominciato.-

-Non avevi più passione, il tuo spirito creativo stava morendo, stavi facendo nascere me. La TUA metafora.-


Mi ero addormentato, non ricordo quando. Durante la notte, tra un discorso e l'altro insieme allo scheletro ho finito per perdere i sensi. Mi ha svegliato mia moglie Karen che era scesa nello scantinato. 

-Ecco dov'eri finito! Mi stavo preoccupando! Ma che diavolo di odore c’è qua sotto? Hai cominciato a fumare? In effetti sul tavolo c’era il mozzicone di un sigaro. L’aria era viziata e mia moglie aveva tutte le ragioni del mondo per essere infuriata. 

Mi guardai intorno con aria attonita, dello scheletro non c’era più traccia. La stilografica e il taccuino rosso erano riposti in una scatola a fianco a quel vecchio tavolo logoro dove per tutta la notte avevo conversato con una metafora dalle sembianze di uno scheletro in smoking. 

-Apri un po’ le finestre e fai cambiare l’aria!- disse irritata mia moglie.

Mi alzai dal vecchio divano. Avevo dolori ovunque, dovevo essermi addormentato in qualche posizione scomoda. Aprii le piccole finestre in alto dello scantinato. Un po’ d’aria avrebbe fatto bene alla stanza.

-Ma che diavolo ci facevi nello scantinato?- 

La domanda era più che lecita. Non sapevo come rispondere, spesso finivo per addormentarmi nel mio studio quando scrivevo di notte, ma non avevo ragioni per addormentarmi qui tra queste vecchie cose. 

-Stavo…cercando dei vecchi appunti, volevo riciclare qualche idea dai miei vecchi taccuini. Ho finito per fare tardi e addormentarmi su questo divano.-

-Hai bisogno di una doccia. Puzzi di fumo.-

-Hai ragione…-

In effetti sentivo in bocca il sapore del sigaro. Strano, non avevo fumato, era lo scheletro a fumare davanti a me. Probabilmente saranno stati gli effetti del fumo passivo ma il sapore in bocca era molto persistente. 

-Sei però riuscito a scrivere qualcosa Jo?-

Solo Karen mi chiamava Jo e lo faceva con grande affetto. Gliene ero grato.

-Ancora no…- 

Potevo leggere un po’ di delusione negli occhi di mia moglie, ma anche tanta speranza. Ero decisamente molto più deluso io. Eppure sentivo che qualcosa stava per cambiare. 

-Sono sicura che tornerai a scrivere. Ti va di portare i gemelli a scuola? Almeno prendi un po’ d’aria.-

Si, ne avevo bisogno, avevo decisamente bisogno di schiarirmi le idee. Ne avevo poche e confuse. Quello che mi stava succedendo era decisamente fuori dal comune.

-Si, li porto volentieri. Faccio al volo una doccia.-


La giornata trascorse velocemente, più mi arrovellavo sui miei pensieri e più ero confuso. L’unico che poteva districare la matassa dei miei pensieri era proprio lo scheletro. Ero arrivato al punto di non vedere l’ora che arrivasse la notte per poterlo incontrare. Avevo bisogno di parlare con lui. Sentivo che queste nostre conversazioni in qualche modo mi stavano facendo bene, anche se nel concreto continuavo a non mettere nero su bianco nemmeno una parola. Ho sempre pensato che dentro ognuno di noi ci sia il seme per essere ciò che desideriamo. Dobbiamo solo trovare il modo giusto per innaffiarlo e farlo crescere come vogliamo, forse il modo che ho trovato è quello di una metafora, la metafora di uno scheletro. Tutti hanno uno scheletro nell’armadio, il mio è in cantina, fuma il sigaro, veste impeccabile e mi aiuta a  tornare a scrivere.


-Ma non potresti venire nel mio studio a parlare con me?

-No non posso..-

-Perché?- chiesi

-Perché posso manifestarmi solo qui…-

-Perché?-

-Perché questo è il posto dove riponi tutte le cose che non usi più….io sono una di quelle.-

Una risata gelida e un brivido lungo la schiena. 

-Tu e io siamo legati, spero che te ne renda conto.- disse lo scheletro fissandomi con quelle orbite nere -abbiamo un legame indissolubile. Esistiamo uno nell’altro.-

Non capivo bene quello che mi stava dicendo. Più ci riflettevo e meno ne venivo a capo. 

-Non c’è metafora senza che qualcuno l’abbia creata. Il concetto stesso di metafora senza creatore, non può esistere. La realtà stessa cesserebbe di esistere.-

Riflettevo sulle parole dello scheletro in silenzio. Tutto aveva una sua logica. Come nel mondo. Tutte le cose sono legate con un filo invisibile l’una con l’altra. Probabilmente anche io e lo scheletro eravamo legati l’uno all’altro con il filo invisibile della vita.

Meditavo su questi discorsi ma non riuscivo a giungere ad una conclusione. 

-Ascoltando le tue parole non riesco a giungere ad una conclusione. Dovrei provare a scrivere qualche pensiero qui insieme a te. Mettere nero su bianco i miei pensieri per provare a venirne a capo.- 

Avevo deciso di trasferire lo studio in cantina, li sarei stato in grado di scrivere e stare insieme allo scheletro per farmi aiutare a superare il mio blocco e cercare un modo per uccidere la mia metafora. Penso di essere davvero fuori di testa in questo momento. Uccidere una metafora. Come si uccide una metafora?


-In che senso vuoi metterti a scrivere in cantina?- 

Mi chiese Karen stupita dopo avergli spiegato che volevo portare lo studio nello scantinato.

-Come te lo posso dire…mi inizio a sentire più creativo in cantina, sento che la mia creatività è morta la sotto, in mezzo alle mie vecchie cose ed è lì che devo andarla a ricercare.-

Non ero convinto nemmeno io della risposta che avevo dato a mia moglie. Però in questo modo, la notte, avevo la possibilità di provare a scrivere insieme allo scheletro. 

Con molta fatica feci ordine nello scantinato e piano piano avevo portato le mie librerie con tutti i volumi che possedevo, il giradischi con la mia collezione di vinili, la scrivania e la sedia. Avevo lasciato il tavolo e la sedia dove si manifestava lo scheletro, facendo molta attenzione a non spostare nulla per paura che, se cambiassi qualcosa, lo scheletro non sarebbe più comparso. Dopo quasi tutta la giornata di trasloco, ero riuscito nell’intento. Avevo lasciato tutte le vecchie cose nello scantinato, pensavo che se avessi tolto qualcosa probabilmente lo scheletro avrebbe finito per manifestarsi in soffitta. Anche se non ne capivo il perché, tutto nella mia testa sembrava avere una sua logica.


-Ma perché tutta questa fatica per spostare tutto il tuo studio?- chiese mia moglie.

-Perché sento che lì sotto c’è la mia creatività ad aspettarmi tutte le notti…-

-Stai dormendo poco in questo periodo, guarda che brutte occhiaie che ti ritrovi, sembri uno scheletro!-

La frase di Karen mi lasciò molto perplesso/interdetto.


-Come hai perso la tua vena creativa?-

-Penso che la delusione per le critiche al mio ultimo romanzo mi hanno devastato…- risposi -non sono più stato in grado di scrivere una parola. Vorrei tanto tornare indietro…-

-Purtroppo possiamo solo andare avanti.-

-Indietro possiamo tornarci solo attraverso i ricordi.-

-Come pensi di uccidermi e superare questo blocco creativo?-

-Probabilmente se lo sapessi tu a quest’ora non saresti più nel mio scantinato.-

-Come ti è venuta la passione per la scrittura?-

Ammetto che la domanda mi colse di sorpresa. Non sapevo come rispondere. Dovevo tornare indietro con la memoria a tanti anni prima, quando ero un adolescente. Ma cosa mi aveva realmente spinto a iniziare a scrivere? Per rispondere a questa domanda dovevo scavare nel mio passato, ritrovare il mio bambino interiore, quello che passava ore a leggere fumetti o a guardare film, innamorato perso delle storie. Amavo leggere, amavo perdermi in mondi fantastici, in avventure senza fine, in loschi intrighi internazionali. E poi un giorno, la mia mente da bambino si chiese: perché non potrei inventarle anche io delle storie. Presi un bloc notes e una penna e cominciai a scrivere. Fu una sensazione meravigliosa, ancora, riesco a ricordarlo quel momento da bambino, in cui cominciai a scrivere una storia per la prima volta. Ero sempre io il protagonista di quelle storie, affrontavo draghi in mondi fantastici, spie al soldo del nemico, ero un soldato che cambiava le sorti della guerra. Mi accorsi che amavo raccontare storie attraverso la scrittura.

-Devi ritrovare questo spirito per tornare a scrivere- mi disse lo scheletro.

-Non è semplice. Ora non ho più quell’ingenuità che avevo da bambino. Dovrei rinascere….-

-Dovresti uccidermi…-


Uccidere una metafora. Eppure tra le cose che ci eravamo detti c’è stato un qualcosa che mi ha acceso una scintilla. Tempo fa discutemmo del fatto che io e lui siamo legati, ero giunto alla conclusione che la sua essenza è una parte di me. Lo scheletro l’ho creato io. Questa metafora l’ho creata io. Ma se in realtà fossi io la metafora? Cosa accadrebbe se non esistessi più? Anche lo scheletro cesserebbe di esistere? Forse è questo l’unico modo per uccidere una metafora. Uccidere il suo creatore. 


-Forse ho trovato un modo per ucciderti…- dissi rivolto allo scheletro.

-Quale sarebbe?- mi rispose.

-Ho capito che probabilmente non sei tu la metafora, sono certo di essere io la metafora tra noi. Pertanto se mi tolgo la vita sono sicuro che tu cesseresti di esistere. In questo modo riuscirei ad ucciderti-.

-E poi cosa pensi che succederà? Cosa ne sarà di te?-

Ci pensai su un attimo, alle conseguenze ancora non avevo pensato. Rimasi qualche momento in silenzio. 

-Spero di tornare finalmente me stesso. Non questo pallido impostore in cui mi sento rinchiuso.-

-E se non dovesse funzionare?-

-Deve funzionare.- 

Non potevo starci troppo a pensare, avevo preso una decisione, presi la lama di un taglierino dagli attrezzi che avevo nello scantinato e con un gesto deciso mi tagliai entrambi i polsi. Il sangue cominciò a sgorgare copiosamente sul pavimento. Ho pensato che andarmene così, sia il modo meno doloroso. Infatti stranamente non provai tanto dolore. Lentamente mi sarei addormentato senza rendermi conto di niente. Mi sedetti di fronte allo scheletro. Le sue orbite vuote e scure mi fissavano e il suo ghigno fu l’ultima cosa che mi ricordai prima che il mondo intorno a me diventasse tutto nero. Ero morto. 


Lentamente ripresi coscienza. Aprii gli occhi molto piano, la fioca luce della vecchia lampada verde e oro sul tavolino illuminò le mie mani che misi lentamente a fuoco. Ero vestito col mio smoking dei grandi eventi. In mano avevo un sigaro acceso, in bocca il sapore del tabacco. Nell’altra mano la penna stilografica. Davanti a me il taccuino rosso dove stavo scrivendo questa storia. Ero tornato. 


domenica 13 aprile 2025

Marshall Major IV


 Un mesetto fa' mi sono regalato queste magnifiche cuffie ed ora che le ho rodate per un bel po' posso dire che di essere rimasto piacevolmente colpito dalla loro qualità. Cuffie da un design molto iconico queste Marshall Major IV e suonano davvero bene. I bassi sono caldi, gli alti cristallini. Hanno una dinamica favolosa soprattutto per il genere Rock. Avevo un debole per queste cuffie chiuse e ci giravo intorno davvero da parecchio tempo (qualche anno) e finalmente mi sono deciso a prenderle. La durata delle batterie può superare anche le 80 ore, stando a quanto a dichiarato dalla casa produttrice. Da quando le ho comprate non le ho ancora mai caricate. Sono incredibili. Hanno anche la ricarica wireless, cosa che non dispiace in tempi moderni come questi. Sono molto leggere e comode da indossare anche per lunghe sessioni di ascolto. I materiali sembrano essere davvero di ottima fattura, e promettono di durare nel tempo.  Bellissimo e molto pratico e intuitivo il tastino fisico in ottone che permette di gestire le cuffie con semplici clic direzionali. 

In rete spesso mi sono imbattuto in diverse critiche nei confronti di queste cuffie, critiche che a fronte di diverse ore di ascolto, proprio non riesco a capire. Per il prezzo a cui vengono proposte (in questo momento si trovano facilmente in offerta intorno ai 70 euro), sono un best buy pazzesco! 

Acquista le Marshall Major IV su Amazon.

sabato 12 aprile 2025

La Prosivendola - Daniel Pennac


 Qualche giorno fa mi è capitato di trascorrere l'intera giornata dal meccanico. Lontano da tutto e tutti. Fortuna che prevedendo una giornata simile ho portato con me un libro che avevo cominciato da qualche giorno. Ovvero il terzo romanzo del ciclo di Malaussène di Daniel Pennac: La prosivendola. Sto amando alla follia i romanzi di Pennac sulle avventure e disavventure di questa sconclusionata famiglia che Pennac affettuosamente chiama tribù. Geniale lo spunto di creare un personaggio principale che come mestiere fa il capro espiatorio. Non credo si sia mai visto niente del genere. 
Quello che riesce a creare Pennac è un mondo vivido, stracolmo di personaggi bizzarri e fuori dal comune. Una scrittura satirica e ironica, una storia piena di colpi di scena. In questo romanzo riesce a tenere alta la tensione per tutto il romanzo. Si rimane incollati alle pagine per ore ed è difficile staccarsi. Mi riesce difficile inquadrare il genere, ovviamente la struttura è quella di un giallo, ma Pennac ha quel gran dono che hanno i grandi scrittori, quello di riuscire a mescolare tanti generi e tirare fuori un qualcosa che ha un tratto davvero personale. Questo è un romanzo di Pennac e va letto assolutamente. 
Ho già iniziato il romanzo successivo, Signor Malaussène, una volta entrati a far parte di questa famiglia, come lettore, non riesco a più a farne a meno!

Note di copertina

"La vita non è un romanzo, lo so... lo so. 
Ma solo lo spirito del romanzo
può renderla vivibile."

Per rilanciare le vendite del suo autore di maggior successo commerciale, che fabbrica dei bestseller mondiali sul mondo della finanza e del quale non si devono conoscere ne il vero nome né il viso, la regina Zabo, tirannica direttrice e geniale. "prosivendola" della casa editrice Taglione, decide, in occasione del lancio del nuovo successo annunciato, di reclutare un "sostituto" che incarni pubblicamente il misterioso J.L.B. Accompagnata da una sapiente e gigantesca campagna stampa, l'operazione riesce. Ma il "sostituto", che ovviamente è Benjamin Malaussène, di professione capro espiatorio, rimane vittima di un attentato durante uno show delirante. Bloccato in un letto d'ospedale in stato di coma, dichiarato dai medici quasi irreversibile, Benjamin viene tenuto ciononostante informato sugli sviluppi del caso dalla sua tribù, resa tranquilla del suo stato di salute dall'affermazione della sorellina astrologa, secondo cui Ben vivrà fino a novantatré anni.

DANIEL PENNAC, già professore di francese in un liceo parigino, è romanziere eclettico, autore di testi teatrali e monologhi, nonché sceneggiatore di fumetti. Creatore della figura di Benjamin Malaussène, di professione capro espiatorio, e dei romanzi di straordinario successo che lo vedono protagonista, ha vinto il Premio internazionale Grinzane Cavour nel 2002 e nel 2005 è stato insignito della Legion d'onore per le arti e la letteratura.

martedì 4 marzo 2025

Asimov Story - La storia e le storie "introvabili" di Isaac Asimov

 Asimov Story - La storia e le storie "introvabili" di Isaac Asimov



Oggi sono capitato ad un mercatino dell'usato, mi piace perdermi tra gli scaffali dei libri ma oggi non avevo tanto tempo a disposizione.  Mi cade comunque l'occhio su questo libro. Una favolosa raccolta dei primissimi racconti di Isaac Asimov. Racconti intervallati da suoi interventi nel quale ne ricostruisce la genesi. Il libro sembra quasi una sorta di diario dello scrittore in cui l'autore ci spiega il suo processo creativo che lo ha fatto diventare uno tra i più grandi del genere della fantascienza. Asimov è uno di quei scrittori di cui leggerei anche la lista della spesa. Ho letteralmente divorato tutti i suoi più famosi cicli e ultimamente avevo anche riletto alcuni dei suoi primi romanzi sul ciclo dei Robot. Adoro Asimov ed è stato sicuramente uno degli scrittori che più hanno fatto parte della mia adolescenza di lettore vorace.  L'ho subito iniziato a leggere ed è stato come ritrovare un vecchio amico. Non vedo l'ora di portare aventi la lettura e che dire...per soli 3,50€ mi sono portato a casa quello che ritengo essere un bel pezzo di storia di questo autore. 

Consigliatissimo!

domenica 19 gennaio 2025

Casio W800H

 


Ho da poco ricevuto questo fantastico orologio. Personalmente adoro gli orologi Casio, il loro design inconfondibile li ha resi degli oggetti iconici di tutti i tempi. Nonostante siano orologi economici sono concepiti per durare una vita. Le funzioni di questo Casio W800H sono le classiche di gran parte dei classici orologi Casio. Allarme, Snooze, Cronometro, Luce integrata, Calendario perpetuo, Dual Time e la possibilità di impostare una sveglia in una determinata data e in una determinata ora (sinceramente non so quanto possa essere utile una funzione del genere per un orologio ma vabbè, ci sta e ce la facciamo andare bene). Poi è resistente all'acqua fino a 100m (10 atmosfere), un ottimo orologio per chi fa attività sportive. 
Il design vintage...il punto forte secondo me. Richiama molto il classico Casio F-91W, il più classico dei classici. Ma questo W800H è più grande, il quadrante è più visibile e al polso, soprattutto per chi lo ha grande, sta decisamente meglio. 

Fatevi un regalo...fatevi un Casio. 

Le mie macchine da scrivere - 01, Royal Litton 203

  La mia prima macchina da scrivere. Dove tutto è cominciato. Anche se ho dei vaghi ricordi da bambino a casa di mia nonna. Ricordo una vecc...